"...i miei vestiti, usati, contenevano tracce di me, tracce di una storia, la mia storia, non di quelle che si raccontano, ma di quelle che si possono leggere soltanto, come a volte succede guardando le rughe di un volto. Dipingere i miei abiti poteva essere come parlare di me.
Poi mi sono guardato intorno, nella città, con curiosità e interesse, e ho realizzato che gli abiti popolano un mondo immenso, quello della moda, del design, nel quale diventano opere d’arte, come gli allestimenti dei negozi che li espongono. E anche questi abiti fanno racconto, ma questa volta si tratta di una storia fatta di cambiamenti, di trasformazioni, di rapidi avvicendamenti, difficili da cogliere o da catalogare. Abiti indossati da manichini con volti tirati a specchio o addirittura trasparenti, volti privi di rughe, di espressione, ma comunque fascinosi, misteriosi, perché estranei al mondo reale, da quel mondo fatto di gente comune che le stesse vetrine riflettono mettendone in evidenza il contrasto..."
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